lunedì 21 settembre 2009

De profundis? 1. Alcune banali (seppure amare) verità...


...sottaciute o dissimulate dagli ambientalisti finti del “comitato” semiclandestino ora denominato “+Limbiate-cemento"


Parte 1

Il Consiglio di Stato, con l’Ordinanza n. 4172/2009 del 26 agosto u. s. ha sospeso l’efficacia della sentenza del TAR della Lombardia che aveva annullato la delibera di approvazione del P.I.I. di Via M.te Sabotino, e pertanto, nelle more del giudizio di appello presso il Consiglio di Stato, nulla osta più all’inizio dei lavori.

Si deve dire nulla osta all’inizio”, e non “alla ripresa”, poiché, al contrario di quanto dicono Mauro Varisco e i suoi amici, i lavori non sono mai stati iniziati. Quelli fatti circa un anno fa sono stati eseguiti dalla ditta incaricata violando alcune norme sui cantieri e andando oltre le autorizzazioni regolarmente concesse, ma non erano lavori di costruzione di alcunché. Quelli fatti qualche settimana dopo la sentenza del TAR avevano lo scopo, previa diffida, di mettere in luce e stroncare la protervia dei membri del “comitato”, quasi tutti sempre rimasti nell’ombra. Costoro (del tutto abusivamente, come vedremo meglio più avanti) avevano continuato ad occupare la parte dell’area già di proprietà pubblica, anche dopo l’approvazione del P.I.I. e anche dopo la presentazione dei ricorsi! Ma nemmeno questi erano lavori di costruzione di alcunché. (È probabile che chi ha interposto appello si sia servito, ad colorandum, anche di questo argomento, che va in gloria della sublime intelligenza di Varisco & C., per mettere in cattiva luce presso il Consiglio di Stato chi si oppone al P.I.I.)

Ovviamente, l’ordinanza non significa che il Consiglio di Stato ha già scritto la sentenza sul ricorso in appello, ma non si può, a questo punto, non intravedere un certo orientamento. L’ordinanza è stata emessa, ovviamente, “Visto il ricorso in appello con i relativi allegati; Visti tutti gli atti della causa” [sott. mie; ndr] e “visto l’art. 33, comma terzo … della legge 6 dicembre 1971, n. 1034” che dice:

“Il Consiglio di Stato … su istanza di parte, qualora dall'esecuzione della sentenza possa derivare un danno grave e irreparabile, può disporre, con ordinanza motivata emessa in camera di consiglio, che la esecuzione sia sospesa”.

E quindi il Consiglio di Stato, che dall’esame degli atti si è già fatto un’idea della possibile sentenza, ha ritenuto “danno grave e irreparabile” proprio l’impedimento di edificare rappresentato dalla sentenza del TAR e non l’edificazione, ed ha deciso di rendere intanto possibile al costruttore di edificare. La sentenza potrebbe essere emessa anche fra due-tre anni, quando il P.I.I. sarebbe o ultimato o in via di ultimazione (con un investimento di 16 milioni di euro), e magari con tutti o molti degli appartamenti già venduti e con le opere pubbliche esterne all’area del P.I.I. già realizzate. In questa situazione, le speranze che l’appello contro la sentenza di annullamento del P.I.I. sia respinto, e che sia ordinato l’abbattimento di quanto eventualmente costruito, si rivelerebbero davvero scarsamente fondate. Forse Mauro Varisco e i suoi amici sempre rimasti clandestini (perché in realtà sono quasi tutti sostenitori di Romeo & C.), almeno per quanto riguarda l’obiettivo di non far costruire i palazzi del P.I.I. farebbero meglio a mettersi l'animo in pace. È molto probabile che dovranno rinunciare ad accedere ad un’area pubblica per farne un uso privato e che non potranno più immettervi indisturbati i fumi dei loro barbecue (proibiti, tra l’altro, dal Regolamento di Polizia Locale).

Le dichiarazioni fatte da Mauro Varisco ai fogliacci locali (per esempio: “Questo non cambia nulla, infatti comunque là non si può costruire e ci opporremo se questo accadrà”) sono solo sbruffonate patetiche di un ometto che si è troppo montata la testa, evidentemente, per conservare con la realtà un rapporto sobrio. Inutile domandargli sulla base di quale diritto stabilito da quale legge egli pretenderebbe di opporsi, perché è chiaro che non lo sa. Gli si potrebbe invece chiedere, poiché sicuramente vi sta pensando, se questa volta chiederà l’intervento dei caschi blu dell’ONU!

* * *

Se ci si trova ora dinanzi a queste inquietanti prospettive nell’assenza di qualsiasi mobilitazione, i maggiori responsabili politici (cioè verso la cittadinanza tutta) sono, oltre all’inetta opposizione al centro-destra, proprio Mauro Varisco e i suoi fantomatici comitati. Costoro non hanno mai voluto capire che il P.I.I. di via M.te Sabotino non era “una tegola” sulla loro testa, bensì un fatto di rilievo politico, sul quale era necessario organizzare e allargare costantemente una mobilitazione politica che coinvolgesse tutta la cittadinanza, oltre ogni steccato di partito. “Politica” è un termine quasi sempre equivocato da Mauro Varisco, e spiegargliene le varie accezioni è del tutto vano. Per lui “politica” è solo quella dei partiti, i quali vanno bene se sostengono le sue pretese private, e vanno male se le deludono. E infatti, nonostante le periodiche “conferenze stampa” (nelle quali egli si esibisce con una lavagna luminosa che non sa usare), poi regolarmente strombazzate sui fogliacci locali, la vicenda non è mai uscita, finora, dall’ambito dell’interesse privato di alcuni cittadini esclusivamente interessati all’intangibilità del loro minuscolo ghetto con annesso cortile abusivo su terreno pubblico. Ma il fatto più grave è che a volere che la vicenda restasse ristretta in un ambito sostanzialmente privato non sono stati solo i quattro gatti di via M.te Sabotino, ma anche i cinque “partiti” dell’opposizione.

Una riflessione su tutta questa vicenda si impone, poiché innanzitutto essa esemplifica manualisticamente non solo i vari aspetti della politica d’affari tipica del centro-destra (il P.I.I. in questione li concentra praticamente tutti), non solo come certi interessi privati di alcuni cittadini, sfruttando gli interessi privati di alcuni notabili politici possano essere travestiti da interessi pubblici, ma anche il grado di inettitudine di tutta l’"opposizione", che persiste bovinamente in un’attività (ormai quarantennale) di distruzione di qualsiasi tentativo di organizzazione di legami sociali autonomi dalle cricche partitiche. Il deserto politico, culturale e civile della Limbiate attuale è il risultato del totalitarismo becero di alcune cricche elettorali, che tuttavia portano il nome di “partiti”, i quali favoriscono viceversa l’emersione della mediocrità e della grettezza sociale. A conferma di questa situazione, basti considerare che nessuna riflessione autocritica viene mai espressa dai "partiti" dopo i periodici clamorosi fallimenti elettorali; l’ultimo, quello del giugno scorso (elezioni europee e provinciali) ha tra l’altro dimostrato che al PD non è bastato investire (in senso proprio) nelle imprese di Mauro Varisco & C., per non perdere dieci punti di percentuale (pari a quasi un terzo dei voti ottenuti alle precedenti elezioni).[1] 

(segue)


[1] Per rispetto della verità si deve però dire che una sottile riflessione sui risultati elettorali è uscita direttamente dai beneficiati dagli investimenti, per il tramite di una ragazzetta che presume di essere giornalista (ma non lo sarà mai), figlia di uno dei membri occulti del gruppetto di Varisco C. Questa poveretta, trascurando la bazzecola della catastrofica perdita di voti dei suoi sponsor, si è servita per la sua analisi di quell’elegante topos logico-aristotelico che dice: “Se mia nonna avesse le ruote, sarebbe una carriola”, e quindi, poiché il centro-destra a Limbiate non ha superato il 50%, ha scritto, all’incirca: “se per la Provincia [che attualmente comprende, si badi, oltre cinquanta comuni; ndr]) avessimo votato solo noi di Limbiate, saremmo andati al ballottaggio … questo risultato lascia ben sperare per il futuro…” e via delirando.

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