domenica 18 dicembre 2011

Zõon politikón inverso




(…) vivere ne l’uomo è ragione usare. Dunque, se ’l vivere è l’essere [dei viventi e vivere ne l'uomo è ragione usare, ragione usare è l'essere] de l’uomo, e così da quello uso partire è partire da essere, e così è essere morto. E non si parte da l’uso del ragionare chi non ragiona lo fine de la sua vita? e non si parte da l’uso de la ragione chi non ragiona il cammino che fare dee? Certo si parte; e ciò si manifesta massimamente con colui che ha le vestigie innanzi, e non le mira. E però dice Salomone nel quinto capitolo de li Proverbi: «Quelli muore che non ebbe disciplina, e ne la moltitudine de la sua stoltezza sarà ingannato». Ciò è a dire: Colui è morto che non si fè discepolo, che non segue lo maestro; e questo vilissimo è quello. Potrebbe alcuno dicere: Come è morto e va? Rispondo che è morto [uomo] e rimaso bestia. Ché, sì come dice lo Filosofo nel secondo de l’Anima, (…) la sensitiva sta sopra la vegetativa, e la intellettiva sta sopra la sensitiva. Dunque, (…) levando l’ultima potenza de l’anima, cioè la ragione, non rimane più uomo, ma cosa con anima sensitiva solamente, cioè animale bruto.

Dante Alighieri, Convivio, IV vii 11-15



Non si sa se il segretario comunale abbia manifestato la sua ira a qualche membro altolocato del suo apparato, che sicuramente è fra i corresponsabili dell’orrendo pasticcio che domani sera quasi sicuramente farà entrare nel Consiglio Comunale di Limbiate un consigliere non eletto. Cane non mangia cane, soprattutto se è del PD. Ma pare che, letto il mio articolo Fuori una consigliera nominata abusivamente, dentro uno che non è stato eletto! del 13 dicembre, e dopo aver letto anche Qual è il decimo consigliere che il centro-destra di Limbiate vuole del 6 agosto, con i files all’uno e all’altro allegati, abbia decretato che non c’entrava per niente, epperò sia corso ad “interessare il Prefetto”, a chiedergli lumi.

“Chiedere lumi” al, “interessare” il Prefetto in realtà significa solo questo: si vorrebbe che fosse il Prefetto a presentare al tribunale civile di Milano un’impugnativa della deliberazione consiliare sull’eleggibilità di Giuseppe Bova; deliberazione che difficilmente si potrà non adottare, salvo disubbidire all’ordine del TAR. Il Prefetto, cioè, dovrebbe intentare una causa civile (art. 82 D.P.R. 16 maggio 1960, n. 570) con i soldi pubblici! Soldi pubblici per riparare ad un pasticcio causato innanzitutto dall’arroganza totalitaria di alcuni “morti che vanno”, come li avrebbe definiti Dante Alighieri, del PD, e dalla boria di alcuni funzionari e dirigenti del Comune! I delegati del PD, letteralmente esilarati da una vittoria ottenuta per caso, si sono precipitati all’Ufficio elettorale per il ballottaggio per sostenere che a loro spettava un 15° seggio, e lì, probabilmente, nessun funzionario e nessun dirigente è stato in grado di far capire che, in mancanza di una norma specifica su come arrotondare la cifra con parte decimale corrispondente al 60% dei seggi, era meglio fare ricorso, prudenzialmente, al buon senso e alle consuetudini. Si trattava, infatti, di un’interpretazione della legge eccessivamente favorevole a chi, anche con “solo” 14 seggi più il sindaco, già avrebbe avuto la maggioranza assoluta.

Sarebbe augurabile che il Prefetto mandasse tutti a sculacciare le rane. Perché mai si dovrebbero spendere soldi pubblici per fare una causa civile? Chi è convinto di aver sostenuto tesi fondate si assuma l’onere di un ricorso! Oppure paghi, di tasca sua, il sindaco, che ancora ieri su un giornale locale dimostrava che, alla notifica dei ricorsi, non aveva capito che il Comune di Limbiate doveva costituirsi nella causa avanti il TAR per far rispettare la volontà popolare espressa con i voti, e successivamente non ha capito che doveva obbligare l’avvocato Micaela, dipendente comunale assunto anche sulla base del requisito dell’iscrizione all’ordine degli avvocati, ad andare a patrocinare l’interesse dell’Istituzione Comune, cioè dei cittadini di Limbiate, affinché i giudici appurassero che il decimo seggio per la minoranza corrispondeva ad un quoziente del Terzo Polo e non del PDL. E ancora ieri De Luca non aveva capito niente!

Naturalmente, gli autori [tali Yuri Caturelli e Giuliano Ripamonti, delegati del PD, e i membri dell'Ufficio Elettorale Centrale locale, quasi tutti del PD o ad esso vicini; n.d.r.] di una iniziativa che ha travisato i risultati delle elezioni nemmeno dopo che il segretario comunale ha “interessato” la Prefettura si sono decisi ad ammettere non solo quale splendida figura hanno fatto, ma soprattutto che hanno innescato un meccanismo che ha dato ai cittadini di Limbiate un Consiglio Comunale privo di legittimità. Se non si sono costituiti nel giudizio per ignoranza e per troppa sicumera, ora dovrebbero assumersi l’onere, in ogni senso, di presentare immediatamente un’impugnativa al Tribunale Civile, perché di questa situazione aberrante loro sono i primi responsabili. È difficile, infatti, supporre che i giudici del TAR si sono attenuti ad un verbale dell’ufficio centrale elettorale per il turno di ballottaggio che hanno scorso solo rapidamente. Sembra più plausibile supporre che hanno letto il verbale attentamente, ma che da esso non risultava che il 10° quoziente della minoranza era del Terzo Polo, bensì che in qualche modo risultava che era della coalizione guidata dal PDL. Da un verbale compilato correttamente, infatti, sarebbe stato evidente che il secondo quoziente del Terzo Polo era superiore al nono della coalizione guidata dal PDL [click file], poiché per verificare se doveva essere assegnato o no il premio di maggioranza sarebbe stato necessario stabilire, innanzitutto, la classifica decrescente dei quozienti di tutte le liste o dei gruppi di liste ammesse all’assegnazione dei seggi.

Questo verbale, naturalmente, anche se sicuramente è nelle mani di alcuni consiglieri del PD, non viene reso pubblico. Significativamente, perché è compilato in un certo modo? Perché gli autori dell’esposto del PD che, a quanto pare, ha portato alla redazione di un verbale che non rispecchia chiaramente i risultati delle elezioni, non si sono costituiti nel giudizio per difendere, contro i ricorrenti, la giustezza dell’assegnazione del 15° consigliere di maggioranza al loro partito? Perché il Comune, che è nelle mani di diversi che certamente hanno letto il mio primo articolo, ha evitato di presentare una semplice istanza-memoria con l’esposizione completa della lista decrescente dei quozienti, che avrebbe messo i giudici sull’avviso? Sarebbe stato facile far capire ai giudici che di quel verbale, sulla base del quale era stato assegnato abusivamente un seggio in più al PD, se ne stavano servendo pretestuosamente i due ricorrenti, i quali, dopo averlo studiato attentamente (scilicet: i loro avvocati), hanno capito che potevano ritorcere l’abuso contro il PD. Questa sarebbe la spiegazione dell’”anomalia” dei ricorsi presentati un mese dopo la nomina degli eletti, “anomalia” sulla quale molti si sono scervellati a suo tempo.

Le parole di De Luca al giornale locale, a parte gli sproloquii su ciò “che prevede la legge” e su “Bova (che) metterà la sua esperienza al servizio della città”, sembrerebbero voler dire: “Chiudiamola lì, e non andiamo oltre”, ma Ti-che-te-tarchett-i-ball su un altro giornale dichiara, sembrerebbe a nome del PD: “Siamo ancora convinti che la decisione presa dal Prefetto [invece “la decisione” è stata presa dall’Ufficio centrale elettorale per il ballottaggio, dove la sua coalizione aveva più di un delegato; n.d.r.] non era errata, nonostante quanto ora dica il tribunale … mi spiace che a una giovane come Federica Soldati sia tolta la possibilità di essere in consiglio nonostante sia stata votata [ma non tanto da essere eletta; n.d.r.] Stiamo valutando se, come partito naturalmente, fare ricorso o meno [nessuno, dei molti che potevano farlo, si è costituito, e quindi nessuno può più fare ricorso al Consiglio di Stato, a parte Carrara; n.d.r]. Tanti altri comuni erano nella nostra posizione [è falso: click file] e ci preme capire come mai ad oggi a loro non è stato modificato nulla [ovviamente la ragione è che lì nessuno ha commesso alcun abuso; n.d.r.]. Sappiamo però che sono onerose le spese giudiziarie e stiamo valutando se farlo o meno”. Il poveretto comincia ad anticipare la scusante perché sa già che non faranno ricorso, nemmeno in sede civile, perché come partito non gli conviene: sarebbero sconfitti un’altra volta. Infatti, al PD certo non mancherebbero alcune migliaia di euro per pagare un’impugnativa davanti al Tribunale Civile, e se proprio fossero in bolletta, vista l’importanza della questione e vista la sua sicumera, Ti-che-te-tarchett-i-ball, come segretario del maggiore partito di Limbiate, dovrebbe organizzare una raccolta di fondi per pagare l’avvocato per una causa civile. Ma non per riportare nel Consiglio Comunale la signorina Federica Soldati (qualcuno se ne ricorda la figura?), bensì per dimostrare che Bova non è eleggibile, poiché quel seggio spetta ad un’altra lista, anche se è quella dell’UDC. Egli però non è in grado di liberarsi della spocchia che lo stravolge e di riconoscere l’errore madornale del suo partito, che ha gettato il Consiglio Comunale di Limbiate in una situazione aberrante. A Ti-che-te-tarchett-i-ball, infatti, la definizione usata nella Politica dal Filosofo di Dante si attaglierebbe solo a patto di trasformare il sostantivo in aggettivo, e questo nel primo.




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